N.2 - anno 1999
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UNA STATUA A CASO
Sono una statua di gesso e faccio uno strano
viaggio ogni anno: passo dalla cantina alla sala chiusa in uno scatolone. Posso godere di alcuni giorni di
"libertà": so infatti che, con l'arrivo dei magi, ritornerò, con tutti gli altri, tra un foglio di
giornale ingiallito e un po' di fili dorati. Questo per difendermi dagli scossoni e dalla fretta dei bambini che
mi hanno già "scheggiato" qua e là. Ormai, statuine di gesso come me non ne fanno più: sono un
oggetto da museo, anche se ho una mano distrutta, un piede rotto, la testa incollata. Tanti mi hanno preso in mano
per anni, giocando e parlando come me. Succede oggi, come tempi fa, che non abbia mai la stessa posizione nel
presepio, proprio perché ogni bambino o anche qualche papà, mi sposta a piacimento ora da una parte ora
dall'altra. Ovviamente stare vicino alla grotta è sempre stata la cosa più ambita da noi silenziose
rappresentazioni di un presepio che non sarà mai vecchio. La sera della vigilia, come sempre, viene messo il
"padrone" pur piccolo e delicato. Io, con altri, sono parte di quella gioia universale che si esprime
nel portare i vari lavori, le varie occupazioni con il carico di preoccupazioni e di fatiche. Nel presepio siamo
in tanti, come rappresentanti di tutti. C'è il pastore, quello che gira la polenta, la lavandaia, il bambino, il
panettiere, quello delle caldarroste, il fabbro, il salumiere, il muratore… forse anche qualcuno che non ha
lavoro. E poi le case, acquistate poco alla volta oppure costruite dalla pazienza di chi voleva ricostruire
l'ambiente di Palestina, come quella notte. Ma non ci possono essere tutte le case, anche perché, si sa, qualcuno
quella notte non aveva trovato posto in un albergo! Ed io sono testimone di tante preghiere che ogni giorno, ogni
sera, da sempre, vengono fatte davanti al presepio dal bambino che impara, dalla nonna che insegna, dal papà e
dalla mamma che ripensano al proprio natale. Molti forse mi guarderanno ricordando i momenti in cui si era insieme
ed ora non succede più perché qualcuno è morto, qualcuno ha abbandonato la casa o ha lasciato i figli per
rifarsi un'altra vita. Ogni volta che riprendo a vivere mi accorgo di tante cose nuove nel bene e nella sofferenza
che sono successe dopo un anno Ed io, piccola statua di gesso in silenzio guardo, ascolto, scruto i volti, gli
occhi, il cuore. A voi sembra che siamo oggetti senza un'anima e senza occhi. Non è così. Anche quest'anno siamo
lì a vedervi, per notare come voi vi siete avvicinati alla grotta dopo dodici mesi, se siete più buoni oppure se
il tempo vi ha offuscato la mente e il cuore. Non abbiate paura, però, non parliamo anche se vi notiamo, non vi
critichiamo anche se vorremmo, non vi giudichiamo anche se ci spiace per voi: in tanti anni abbiamo imparato dal
piccolo di Betlemme come va guardato il mondo. Cose dell'altro mondo, appunto!
Don Norberto |