PARROCCHIA
S. MARIA REGINA
Via Favana - Busto Arsizio


Anno 2008/2009
Numero 6 - marzo 2009

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Giustizia e carità

Uno dei temi più interessanti toccati dalla prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est (2005), riguarda il rapporto tra giustizia e carità.

Il papa afferma che nella società degli uomini la giustizia è importante ed è compito della politica assicurarla, ma essa non basta, la carità è necessaria. Al n. 29 troviamo l’affermazione più chiara circa la necessità della carità: «non ci sarà mai una situazione nella quale non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore».

Perché la giustizia non basta? Anzitutto, perché la giustizia modifica le condizioni esteriori dell’esistenza ma per sé non dà risposte alle questioni di senso della vita. La giustizia potrà assicurare a tutti una casa, ma non insegnerà per sé il senso dell’ospitalità; un’ottima, efficiente organizzazione sanitaria renderà concreto il diritto alla salute e alla cura di molte persone, tendenzialmente di tutti, ma sarà radicalmente insufficiente a vincere il male della solitudine.

In secondo luogo, la carità è necessaria perché la giustizia può essere assicurata creando leggi e strutture giuste, ma la carità passa attraverso i rapporti personali. La giustizia può essere assicurata rispondendo a criteri di equità ed efficienza; la carità non si dà senza coinvolgimento personale, senza una relazione personale di pros­si­mità, di ascolto, di condivisione.
 

Ancora, la giustizia non basta, perché essa fa necessariamente dei calcoli, mentre la carità fornisce il “di più” della gratuità. In Lc 3,10-11 le folle interrogano Giovanni Battista: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto”: questa è giustizia, commenta per esempio s. Ambrogio; carità può voler dire privarsi anche della tunica rimasta, se uno ne ha più bisogno di me. La giustizia cerca di dare a ciascuno ciò di cui ognuno ha bisogno, deve saggiamente ripartire le risorse; la carità è senza misura, conosce l’eccesso, la sproporzione, la gratuità. Nella parabola dei lavoratori nella vigna (Mt 20,1-16) il padrone non commette ingiustizia (“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?”: v.13), ma al tempo stesso si riserva la sovrana libertà di dare lo stesso compenso a chi ha lavorato un’ora soltanto: “Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” (v.15). Evidentemente, Gesù non intende proporre un modello di regolamentazione dei rapporti di lavoro, ma piuttosto mettere in luce l’irresistibile tendenza della carità a infrangere i limiti di ciò che è semplicemente “dovuto”.

Tuttavia, un’interpretazione attenta del vangelo (e credo non in contraddizione con l’enciclica di Benedetto XVI) ci convince che la carità non sta mai senza la giustizia. 

Nel brano di Luca appena citato, si racconta di alcune categorie di persone che rivolgono al Battista la stessa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”. Ai pubblicani Giovanni risponde: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”; e ai soldati dice: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe” (Lc 3,12-14). La giustizia, quindi, è un elemento essenziale dello stesso cammino della conversione cristiana. Da dove comincia la conversione di un esattore delle tasse? dall’esigere quello che è fissato dalla legge, e nulla di più (si intende: per sé; e nulla di meno per lo Stato). E così per i soldati.

La stessa dinamica la ritroviamo nell’episodio della conversione del pubblicano Zaccheo: «Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”» (Lc 19,8). Non basta che dia la metà dei suoi beni ai poveri: occorre che rimedi all’ingiustizia praticata nei confronti di quelli che ha frodato. Poi, appunto, la carità aggiunge alla giustizia l’imprevedibile larghezza di chi non fa calcoli, di chi liberamente decide di restituire non solo l’importo ingiustamente incassato, non solo gli interessi, ma ancora qualcosa in più.

La giustizia sta come necessario correttivo di una concezione riduttiva, “romantica” della carità e fornisce a quest’ultima i criteri e per così dire i “parametri” di verità. La carità non sta senza giustizia. E d’altra parte, senza per sé modificare le strutture sociali, la carità intelligente e organizzata funziona da stimolo, da pungolo, da provocazione perché ci sia più giustizia.

don Giuseppe

 

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