PARROCCHIA
S. MARIA REGINA
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Anno 2009/2010
Numero 1  settembre 2009

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GOLA: è davvero solo questione di un gelato in piu?!

Quest’estate, durante i giorni che ho trascorso in montagna con le mie consorelle, mi è capitato di fare la passeggiata fino al rifugio Grassi, e, come spesso succede, arrivate alla meta abbiamo cominciato a mangiare ciò che ognuna di noi si era messa nello zaino. Una delle mie consorelle si era portata un chilo di pesche gialle, belle, grosse e profumate e in poco tempo se l’è mangiate tutte.

A questo punto è lecita una domanda: ma cosa c’entra questo con il vizio della gola, semplicemente aveva fame e ha mangiato ciò che aveva.

Il giorno dopo però comparvero sul suo corpo numerose chiazze rosse che ci hanno spaventate tutte quante. E’ a questo punto che la mia consorella dice che forse erano state le pesche che aveva mangiato ieri, perché se ne mangia poche, non succede nulla, ma se esagera diventa allergica.

“Ma allora se lo sai perché ne hai mangiate così tante?”, le chiedemmo. “Perché mi piacciono troppo!”, fu la sua risposta.

Quante volte anche al pronto soccorso arrivano persone che, avendo mangiato un cibo di cui sono allergiche ma di cui vanno ghiotte, chiedono cure per far passare l’effetto dell’allergia.

 

Anche nella Bibbia ci sono molti episodi di “follia del ventre” (definizione usata da Evagrio Pontico, un mistico dei primi secoli della chiesa, per indicare il vizio della gola). Pensiamo solo al peccato di Adamo ed Eva nell’atto di mangiare il frutto dell’albero, o a Esaù che cede la primogenitura al fratello Giacobbe in cambio di un piatto di lenticchie perché, tornato dal lavoro, stava morendo di fame e in quel momento la primogenitura non gli sarebbe servita a nulla. Inoltre pensiamo al re Erode che, durante un banchetto lussuoso, decide di far decapitare Giovanni il Battista.

Non a caso Gesù, che conosce bene l’umanità con tutti i suoi pregi e difetti, mette in guardia da alcuni atteggiamenti: “Vigilate affinchè i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (Lc 21,34). Da quest’ultima affermazione risulta evidente che il corpo e il cuore sono tra loro un tutt’uno. La stessa tradizione cristiana propone il digiuno moderato come rimedio per lottare contro la voracità. Il vero digiuno non nasce dal disprezzo per il cibo o dal bisogno di dimagrire ma è pensato come una “sana presa di distanza dal cibo per discernere che cosa oltre il pane è veramente necessario per vivere”. (Enzo Bianchi)

“Il cibo è quello che siamo, dice del nostro rapporto con noi stessi e con gli altri” (E. Bianchi). Per avere un buon rapporto con il cibo è importante essere educati a questo fin da piccoli, insegnando ai bambini a gustare non solo ciò che piace, ma assaggiare e assaporare i vari gusti e sapori, a trascorrere del tempo con la famiglia intorno a un tavolo per imparare a condividere il cibo come un dono ricevuto da Dio.

Ma la malattia più grande per noi moderni è la fobia del frigorifero vuoto: non siamo capaci di comprare ciò che mangiamo ma ci lasciamo spesso attrarre dalla logica del 3x2 e, non riuscendo a consumare il cibo acquistato, poiché la data di scadenza segnala che non è più commestibile, si è costretti a buttarlo via.

Allora gustare un gelato o bere un caffè in più in compagnia non è peccato di gola ma forse ci può aiutare a creare relazioni di amicizia per vivere più sereni senza lasciarci prendere da “follie” inutili.

Buon cammino a tutti.

Suor Cristina.

 

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