L’avarizia
è sempre stato un argomento di grande interesse fino dall’antichità; dalla
mitologia agli scrittori e poeti di ogni tempo fino ai giorni nostri. La
figura dell’avaro è inserita nelle loro opere, spesso come protagonisti di
commedie o satire. Personaggi come Erminio de’ Grimaldi, del Boccaccio, il
ricchissimo esponente di una famiglia genovese, tanto scortese quanto avaro,
che dopo un incontro decisivo riesce a cambiare il suo modo di vivere. O
Arpagone, di Molière, un vecchio taccagno, che cerca di combinare matrimoni
per i figli, per il proprio tornaconto, anche se i sentimenti dei figli non
corrispondono alle sue scelte. Verga compose “I Malavoglia”, dove tutto si
basa sul mondo dell’interesse. Dante, invece, colloca gli avari al quarto
cerchio dell’inferno con la pena di spingere, con il petto, pesi equivalenti
alle ricchezze accumulate in vita. Più attuale è il disegnatore Walt Disney,
con il suo Paperon de’
Paperoni,
lo zio più ricco e più spilorcio mai esistito che raccoglie in sé tutte le
caratteristiche tipiche dell'avaro. Tutti questi personaggi, riconducono
alla morale che l’avarizia non risolve nulla, anzi riesce solo a creare
ulteriori problemi. L’avaro è concentrato nel desiderio di conservare
egoisticamente ciò che ha già e di conquistare nuove ricchezze con un unico
obbiettivo: accumulare. Non sono solo i ricchi ad amare esageratamente la
ricchezza, ma anche la gente povera. Il denaro per queste persone assume un
valore fine a “se stesso” e non un mezzo per qualcos’altro, portando a
condurre una vita priva di piaceri concreti, crescendo l’insicurezza e la
paura del futuro, cioè : “vivendo male per paura di stare male.” Ma
l’avarizia, penso che non riguardi sono il denaro, ma tutto ciò che
pensiamo ci appartenga e non riusciamo, o non vogliamo, spendere e donare in
giusta misura anche agli altri. Così in alcune situazioni compare l’avarizia
di gesti, di disponibilità verso il prossimo, d’amicizia gratuita, di
fiducia, di condivisione del proprio sapere e del proprio tempo… lasciando
che prenda il sopravvento “l’amore di sé”, che se ben vogliamo guardare, è
ciò che sta in fondo ad ogni “vizio capitale”.
A questo proposito mi hanno suggerito la storia di 4
persone, chiamate Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno. C'era un lavoro
importante da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto.
Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno lo fece, Qualcuno si arrabbiò perché era
il lavoro di Ognuno. Ognuno pensò che Ciascuno potesse farlo, ma Nessuno
capì che Ognuno l'avrebbe fatto. Finì che Ognuno incolpò Qualcuno perché
Nessuno fece ciò che Ciascuno avrebbe potuto fare. Noi come ci
chiamiamo?
Antonella
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