Che
dire della gola? Innanzitutto va precisato che, nella teologia cattolica, la
gola (o meglio: la golosità) è uno dei sette vizi capitali, consistente
nello smodato desiderio di alimenti.
Ciò premesso, credo sia bene evidenziare che ogni eccesso
è dannoso, anche in cose giuste e serie, come esortano del resto due vecchi
proverbi: “Il troppo stroppia” - “L’assai basta e il troppo guasta”. Un giorno - mentre aspettavo il mio turno nella sala d’aspetto del mio
medico - lessi su un manifesto, questo slogan riferito all’assunzione di
farmaci: “Usare non significa abusare”, nel senso che i medicinali -
se assunti in dosi eccessive - possono nuocere. Insomma tutto è questione di
misura ed equilibrio, ed ecco ciò che scrissi un anno fa a proposito
di questa caratteristica alquanto rara:
“C’è una realtà che difficilmente può essere contestata: il movimento dei
corpi celesti si basa sul perfetto e immutabile equilibrio di forze
fra loro opposte (centrifuga e centripeta) e se tale equilibrio di forze non
persistesse non esisterebbe l’universo e nemmeno la vita. Non va dimenticato
inoltre che la mancanza di equilibrio negli esseri umani trasforma i loro
pregi in qualità negative. Per chi ne volesse una dimostrazione ecco un
elenco di quelle qualità positive che - oltre un certo limite - degenerano
trasformandosi in difetti:
la precisione diventa pignoleria
la scrupolosità diventa pedanteria
la schiettezza diventa indiscrezione
la discrezione diventa titubanza
la passione diventa irrazionalità
la risolutezza diventa arroganza
la tenacia diventa caparbietà
la tolleranza diventa permissività
la fiducia diventa ingenuità
l’audacia diventa invadenza
la generosità diventa prodigalità
la parsimonia diventa avarizia
la fede (politica o religiosa) diventa fanatismo
l’autostima diventa superbia
la libertà diventa licenza
l’ottimismo diventa utopismo
la speranza diventa illusione
(Si potrebbe continuare con altri esempi, ma il senso
della… misura, mi suggerisce di fermarmi qui)”.
Si suol dire che “l’occasione fa l’uomo ladro” per
giustificare, in un certo senso, i nostri falli occasionali e certe
tentazioni (fra cui anche quelle della gola). A proposito di tentazioni,
Gesù ci ha insegnato come vincere il tentatore. Egli fu condotto dallo
Spirito Santo nel deserto, affinché fosse il suo Spirito a condurlo là dove
lo spirito maligno lo avrebbe trovato per tentarlo. Cito un passo del
Vangelo (Matteo, capo IV):
“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal
diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, finalmente
ebbe fame. E accostandosi, il tentatore gli disse: - Se tu sei figlio di
Dio, dì che queste pietre diventino pani. Ma egli, rispondendo, disse: - Sta
scritto: ”Non di solo pane vive l’uomo, ma d’ogni parola che esce dalla
bocca di Dio”.
Essendo le creature umane dotate di un’anima, esistono oltre le esigenze del
corpo, anche quelle dello spirito e quando l’uomo non dà preminenza a tali
esigenze, egli perde la sua umanità.
Non si può negare che la golosità sia un brutto vizio dannoso alla
salute. Pur tuttavia è bene tener presente che, a questo mondo, tutto (ma
proprio tutto) è relativo. A proposito del peggiore dei vizi (che non
è di certo quello della gola), condivido perfettamente quanto scrisse
VittorioButtafava:
"Gli uomini, secondo la morale, coltivano sette vizi capitali: superbia,
invidia, ira, accidia, avarizia, gola e lussuria. Ma c’è una colpa che le
riassume tutte: l’ipocrisia. È questo il vero grande spaventoso
irrimediabile vizio del secolo. Chi è l’ipocrita? L’uomo che si finge umile
ed è superbo, di buon animo ed è invidioso, paziente ed è gonfio di collera
repressa, generoso ed è avaro, sobrio ed è avido, casto ed è lussurioso.
Tutti i vizi, anche i più meschini, vivono in lui. Ma ad essi si aggiunge la
malizia, cioè l’arte di nasconderli, di camuffarli con gli abiti
della virtù. L’ipocrita è un vizioso che conosce le proprie colpe ma che -
invece di combatterle - si preoccupa di non mostrarle agli altri. Non gli
importa di migliorarsi; gli importa che gli altri non lo vedano com’è.
Così, mentre è sempre possibile che un vizioso si ravveda, è impossibile che
un ipocrita perda la sua maschera virtuosa, perché l’ama troppo!".
Il guaio è che gli uomini - pur essendo dotati di ragione - si comportano
spesso irrazionalmente. Ed ecco come si spiega il confiteor,
ossia la formula liturgica di confessione generica, che si recita nella
Messa e nella confessione (sperando, ovviamente, nella misericordia divina).
Wildo
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