PARROCCHIA
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CHRISTIAN BOBIN

Questi testi fanno “da assaggio” perchè ciascuno scopra Bobin acquistando i suoi libri!

Alcuni pensieri

Lo scrittore

Un elogio

Chi cammina

Il personaggio

L'intervista


I NOSTRI AMICI

Carlo Acutis

Etty Hillesum

Christian Bobin

Annalena Tonelli

Teresa di Lisieux

Eric-Emmanuel Shmitt

CHRISTIAN BOBIN
elogio della leggerezza
(1/2)

Intervista tratta da "Avvenire" - Di Massimo Maffioletti

"Amo - come lei avrà già compreso - attorniare i miei libri di silenzio e non concedo che pochissime interviste. Mi sembra che le mie parole "affaticherebbero" i miei scritti, gli toglierebbero la loro leggerezza e li trasformerebbero in semplici opinioni. Ma potremmo accordarci così: mi mandi per iscritto quattro o cinque domande e io cercherò di rispondere con la massima onestà e precisione possibile". Christian Bobin è così. Non è un uomo che si lascia sedurre dai palcoscenici né cerca visibilità, come accade per altri scrittori.

Fatichiamo a rintracciarlo. Sembra quasi nascondersi o, meglio, ripararsi. Per pudore. Non ha un fax né tantomeno un computer. Vive ai margini delle metropoli, quasi in campagna, in una cittadina della Borgogna, Le Creusot. E nutre i suoi scritti - quasi aforismi, metafore, immagini dense - di levità e incanto, lasciandosi continuamente meravigliare dalle piccole cose che accadono come fossero eventi imprevisti, gratuiti, della vita. Come se la vita fosse quotidianamente intenta ad apparecchiare miracoli e novità. La grazia, nonostante tutto. Nonostante il dolore e la sofferenza. E la perdita di qualcuno che ti ha amato, che hai amato e che ti è stato sottratto dalla morte.
Bobin è uno scrittore molto conosciuto in Francia; da qualche anno i suoi libri cominciano ad essere tradotti anche in Italia. Grazie anche a una lettura personalissima e inedita di Francesco d'Assisi (Le Très-Bas, tradotto in Francesco e l'infinitamente piccolo). E di Gesù (L'uomo che cammina). Parla di Dio ma senza quasi mai citarlo. Non è preoccupato di farlo.
"Bobin è uno di quegli scrittori, di cui l'Italia non saprebbe trovare l'equivalente, che vive in una sospensione vigile, di attesa silenziosa, che la vita prenda forma a partire dal fondo di sé, ma accesa dalle cose. Che diventi parola. È come un francescano sottrarsi al mondo per incontrare le cose sul piano che a loro ci accomuna, quello della vita nel suo momento sorgivo, il solo grembo della parola nuova, della parola inedita". È l'introduzione di Mario Bertin all'edizione italiana dell'"Éloge du rien" ("Elogio del nulla").

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