Pagina 14 - Il Tassello

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La gioia della festa
O
gni anno, verso la fine di aprile, Cheddonna
si metteva in ascolto. Tra i cinguettii degli
uccellini tornati a nidificare sugli alberi di
un terreno confinante con il condominio, uno in
particolare le annunciava senza alcun dubbio l’arrivo
della primavera: l’allegro “Cucù” del cuculo. Ogni
volta che lo sentiva, a Cheddonna tornava in mente
la canzoncina che le cantava NonnaNenna quando
lei era bambina:
“Cucù, cucù, aprile non c’è più, è ritornato maggio
al suono del cucù.”
Un ricordo tenero, che lei aveva voluto trasmettere
anche a IlPrincipe, canticchiandogli, ogni anno,
per tutti i diciannove anni della sua vita fino a
quel momento, la stessa nenia. Anche quell’anno, a
maggio ormai iniziato, a Cheddonna era tornata in
mente, e ogni tanto la ripeteva a bassa voce, a mo’ di
tormentone. A volte spalancava le finestre e tendeva
l’orecchio: rombi di motori, stridio di frenate, il
vociare di qualche pedone che passava sotto il condominio, ma del verso del cuculo
nemmeno l’ombra.
-Strano, siamo al sei di maggio e ancora nulla… come mai?- aveva domandato
preoccupata a Miomarito, una volta che erano seduti a tavola.
-Eh cara, da quando hanno tagliato tutti quegli alberi per costruire il nuovo palazzo,
gli uccelli non vanno più là a nidificare, e il cuculo non ha più nidi da occupare
abusivamente...-
Cheddonna ci era rimasta male, IlPrincipe aveva segretamente esultato perché così
sua madre avrebbe finalmente smesso di canticchiare quella canzoncina da dementi, e
Miomarito, per consolarla, le aveva regalato un orologio a Cucù.
Cheddonna lo aveva subito appeso in cucina e allo scoccare dell’ora si incantava a
guardare l’uccellino meccanico che, uscendo da una porticina di legno, faceva cucù
per il corrispondente numero di volte. L’aveva ammirato, compiaciuta, anche prima di
andare andare a dormire, e già sentiva un po’ meno la mancanza del cucù in carne e ossa.
A mezzanotte, nel dormiveglia, ne aveva ascoltato il richiamo silvestre, inframmezzato
dal poderoso russare di Miomarito, alla una pure, alle due, alle tre e alla quattro anche.
Alle cinque, senza mai essere riuscita a chiudere occhio, si era alzata in punta di piedi e
percorrendo il corridoio a piccoli passi, sulle sue babbucce tacco dodici, si era diretta in
cucina, intenzionata a disattivare il meccanismo dell’orologio a cucù, nella speranza che
Miomarito non se ne avesse a male, dal momento che era stato lui a regalarglielo, ma
aveva trovato l’uccellino penzolante fuori dalla porticina dell’orologio, ormai esanime.
Aprile non c’è più
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Rubriche: le avventure di Cheddonna