Anno 2000
Numero 7 - Maggio 2000
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Vivere con il tumore
E’ uno di quei momenti in cui il cuore diventa
leggero e la mente si riposa sui cuscini dei ricordi.
Anche la vita si fa leggera e analizza i fatti per quello che sono, vale a dire, con tenerezza, con serenità, ed
esclusivamente con verità, senza perdere tempo nei dettagli. La mia è una vita semplice di quelle costruite sui
valori concreti della famiglia. Piena di valori serissimi imparati con coscienza e sulle basi di enormi sacrifici,
accettati e fatti con semplicità, perché sostenuti dalla speranza.
Ogni sacrificio vale sempre la pena di essere compiuto perché sono convinta che abbia almeno un merito: quello di
far capire sempre di più il valore della vita.
La persona principale della mia educazione è stata mia madre. Rimasta vedova in giovane età, con quattro figli
piccoli da allevare, ci ha insegnato ad essere semplici. Tutto il resto oltre ad essere un dono di Dio, sarà
anche il frutto della nostra voglia di raggiungerlo. Ho cercato di costruire la mia famiglia su basi "serie
ed oneste", quelle con i giusti sentimenti, che non concedono nulla all’esteriorità, ma sono tutte
concentrate sulla concretezza. Mio marito si è sempre dedicato al lavoro. Con lui ho raggiunto quel benessere
consentito agli operai, realizzando la mia casa e offrendo l’opportunità ai miei figli, Michela e Mauro, di
mettere le basi alle rispettive famiglie.
Circa 3 anni fa mi sono accorta, di avere la cosiddetta "malattia del secolo". Invece di spaventarmi,
come potrebbe succedere in questi casi, ho chiesto al Signore cosa avrebbe voluto da me. Non mi sono rassegnata,
anzi ho cominciato a lottare contro la malattia, ben sapendo che la vita è un bene importantissimo, da difendere.
Nello stesso tempo ho chiesto al Signore di fare la sua volontà.
Ho anche capito che Dio non vuole sacrifici estremi, ma vuole, attraverso la malattia, la mia voglia di reazione:
ed è quello che mi sforzo di fare. Ci sono momenti in cui la speranza sembra abbandonarmi. Le ripetute
chemioterapie con le conseguenze del caso (perdita di capelli, dolori, caduta del morale…) sembrano allontanarla
da me. Però, proprio con l’aiuto della preghiera e l’incitamento dei miei famigliari, dei parenti più
stretti (cognati e fratelli) e degli amici, riprendo fiducia nella vita. Un pensiero particolare lo voglio
dedicare ai miei due nipoti Filippo e Giacomo. Con la loro forza di gioventù mi fanno capire quanto sia
importante per loro e quasi "mi obbligano" a stare bene. Anche per me sono importanti anzi
importantissimi e sento il loro aiuto e il loro bene, pur sgridandoli qualche volta per la loro esuberanza. La
prima volta che ho chiesto l’olio degli infermi, l’ho fatto per uno scopo ben preciso. Mi ero chiesta: io mi
confesso nel modo giusto? Avendo questo dubbio nel cuore avevo pensato di chiedere a Dio il suo aiuto e ho capito
di averlo ottenuto, perché la mia fede è aumentata. Poi, dopo la scoperta della malattia, ho chiesto altre due
volte di ricevere questo sacramento non per abitudine, ma perché ogni volta che lo ottengo sento che la mia fede
diventa migliore. Inoltre mi sono convinta che è importante lottare contro la malattia proprio per vincerla come
Dio vorrà.
Il primo maggio ho sentito una sensazione strana. Quando Don Norberto mi ha posto le mani sopra la testa,
ho provato una sensazione di calore che mi è entrata "dentro" come a scaldarmi l’anima. Mi sono
sentita un po’ confusa, nel senso che non capivo bene cosa mi stava succedendo. Allora ho detto con
spontaneità: "Signore fa di me secondo la tua volontà". Mi è venuta un po’ di malinconia perché
tante persone mi si sono strette vicino, dimostrandomi la loro solidarietà. Ho pregato ancora di più, non solo
per le persone che stanno peggio di me, specialmente i bambini, ma per tutti.
Sì, capisco l’importanza della vita che mi è stata donata! Prego il Signore di mantenere sempre accesa la
fiducia, perché la mia paura è proprio quella di perdere la fede. Sarebbe un grave danno perché avrei perso
ogni speranza. Sono anche certa che il Signore ci da quei dolori che possiamo sopportare e non vuole da noi la
disperazione e la tristezza. Di fronte al male, ho accettato la prova di portare la mia croce, con la convinzione
di riuscire a farlo grazie all’aiuto di Dio. Nulla è impossibile agli occhi del Signore e ho piena fiducia
nella forza che lui mi dà anche attraverso l’amore delle persone a me vicine.
Maria Luigia
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