Anno 2001
Numero 8 - Giugno 2001
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VENTUNESIMO
In ogni anno cade l'anniversario di qualche cosa:
di un matrimonio, di un fidanzamento, di un lavoro, di un lutto o di altre circostanze. In ogni anno, pi?
semplicemente, si ricorda? l'anniversario della propria nascita. Si ?soliti evidenziare le tappe della vita
con dei numeri particolari, quali il 25, il 50 o il 60. Sono invece meno considerati gli anniversari con dei
numeri "non completi". Per esempio nessuno festeggia il quattordicesimo anniversario di matrimonio
oppure il ventunesimo anniversario di ordinazione sacerdotale. Questi numeri, che non finiscono con lo zero o con
il cinque, sembrano quasi di seconda scelta. E' una convenzione che esiste e lasciamo che rimanga cos? Proprio
perch?non sono pressato da un numero "bello", provo a dire qualche cosa dopo, guarda caso, 21 anni di
sacerdozio. Vi risparmio la cronaca di quello che ho combinato negli anni precedenti. Un passato ricco e
stimolante grazie all'incontro con molte persone e grazie alle diverse situazioni in cui mi sono trovato. Vi
risparmio, in questo modo, le considerazioni che si sogliono fare nelle ricorrenze ufficiali, proprio perch??
solo il ventunesimo.
Riflettevo al fatto che accanto ad una chiesa o
vicino ad un oratorio, c'?un prete. Un parroco esiste perch?c'?una parrocchia e non siamo ancora abituati a
vedere una parrocchia senza parroco. Chi viene in parrocchia per chiedere un documento, per una informazione o per
la preghiera, cerca il parroco e sa di poterlo trovare. Magari non sa bene cosa pensa, come viva il suo
cristianesimo questo "ministro del culto", per?lo si individua da una croce o da un abito. La parte
pi?visibile, pi?istituzionale raffigura il prete collegato con delle cose religiose da mettere in atto e da
gestire. Segno di questa impressione ?la famosa frase che si sente dire: "Non la voglio disturbare,
reverendo, perch?so che ha tante cose da fare". Come se una madre di famiglia o un pendolare, con figli e
suoceri a carico, non facesse nulla! Eppure sono molte di pi?le cose che caratterizzano la vita del prete e che
non sono sempre visibili.
Riflettevo sulla famosa frase di chi ricever?il
centuplo in moglie, marito, fratelli, case... se avesse lasciato tutto per il regno. Pur con qualche difficolt?
nel comprendere bene queste parole, ho avuto, in questi giorni, un'intuizione che comunico. Forse mettere al
centro il buon Dio porta ad innalzare alla centesima potenza un rapporto, una famiglia, un amico, una parrocchia.
Quando cio?il riferimento a Dio diventa chiaro e costante, ?come scoprire l?enorme ricchezza presente nelle
persone o in una parrocchia. Questo collegamento, infatti, obbliga a rispettare fino in fondo le persone, senza
mai usarle o strumentalizzarle, proprio perch?"sono sue"! Cos?facendo si vedono aspetti nuovi degli
altri "molto vicino al centuplo". Al contrario un rapporto con il Signore banale e superficiale,
impoverisce tutto, come se "da cento si ritornasse ad uno". Niente di male, ovviamente, ma tra una
relazione ricca di cento bellezze e una relazione che si accontenti del dato di partenza, c'?una bella
differenza. Ecco perch?aveva proprio ragione quel falegname di Nazaret a dire che ?possibile scoprire la
ricchezza delle cose, come le conosce lui.
Sull'onda di questo pensiero vagante, noto allora
la linea di demarcazione nella vita del prete: accontentarsi delle cose che si devono compiere oppure fare il
prete alla ricerca di tutto quel centuplo che ?nascosto in questo mondo. E' sufficiente che il mio rapporto con
il Padre eterno sia vissuto con superficialit?per notare come molte cose sbiadiscano, anche senza che trapeli
nulla all?esterno. Cos?il prete non pu?accontentarsi di quello che ? pena il ritrovarsi tra le mani tanta
carta moneta che ha sub?o una grande svalutazione. La vita del prete, come la vita di ogni persona, si misura su
questa intraprendenza che possiamo chiamare "egoistica". Si guadagna quando si scoprono le bellezze
della natura e delle persone che non si vedono. Sarebbe stupido, per usare un?immagine, avere la possibilit?di
girare il mondo gratuitamente e accontentarsi di andare sul Ticino a pescare!
Fare il prete senza che questo diventi un
mestiere legato ai certificati o al correre di qui o di l? ?quello che mi sta a cuore, anche perch?capisco
che "ci si guadagna" a fare bene. Se vale la parola di Ges? potrei dire che ?una questione di
investimento per avere il centuplo gi?in questo mondo. E se poi di l?ci aspetta ancora qualcosa di pi?
interessante, ben venga! Non era mia intenzione dilungarmi troppo (anche se cos??stato), perch?in fondo, era
solo il ventunesimo anniversario di ordinazione.
Don Norberto
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