Anno 2002
Numero 6 - Aprile 2002
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Giuliana ed Enrico
ovvero quando ci si ritrova soli
L'inquilina dell'ultimo piano incontr?Giuliana
sulle scale, casualmente. Le si fece incontro: "Giuliana, carissima...!" esclam?in modo affettuoso, ma
inconsueto "Ho saputo di suo marito". Le accost?il viso ad una guancia e la abbracci?
"Grazie" sussurr?Giuliana commossa. E non sapeva aggiungere altro. Nessuno sa mai cosa dire di fronte
alla morte di una persona cara.
Invece l'inquilina dell'ultimo piano voleva dire
a tutti i costi qualcosa. E infatti ci prov? "Suo marito... era un uomo tanto buono... Non ?giusto! Sa
che cosa ho pensato? Accidenti, ma perch?non ?morto mio marito, che non lo sopporto proprio pi?
Morto... e all'inferno! Ecco dove dovrebbe andarci, mio marito!". L'evocazione dell'inferno parve,
per? eccessiva e inopportuna all'inquilina dell'ultimo piano, che corresse il tiro: "Mi scusi... ?che
sono davvero dispiaciuta per suo marito".
Invece, a Giuliana, la battuta dell'altra donna
era riuscita a strappare perfino un lieve sorriso, in quei giorni tristi. Enrico, suo marito, era morto due
settimane prima, dopo una breve malattia. Aveva sessantacinque anni. Si sa che per i morti, talora, si ha un
trattamento di riguardo; cos?che i difetti che avevano in vita un pochino si tacciono e, viceversa, le virt?si
esaltano. Virt?che, magari, in vita erano cos?nascoste, ma proprio cos?nascoste, che nessuno le aveva mai
viste. Questo, per? non era il caso di Enrico: di virt? lui, ne aveva davvero parecchie e non le teneva
nascoste. Quello che la gente diceva di lui era proprio vero. Era un uomo buono, giusto, leale, onesto e
affettuoso.
Giuliana era convinta che non fosse un santo, ma
soltanto perch?aveva uno spiccato senso dell'ironia, che a volte lo portava a scherzare e a fare battute
umoristiche su tutto e su tutti; i suoi modi di dire a volte erano feroci, ma talmente divertenti da far
sbellicare dalle risate tutti i presenti. Tutti... tranne il diretto interessato, la "vittima" della
battuta. E spesse volte la vittima era proprio Giuliana. Giuliana, per? non se la prendeva poi tanto. Sapeva che
Enrico scherzava soltanto e che anche lui le voleva un gran bene.
Giuliana ed Enrico si erano sposati a poco meno
di venticinque anni e avevano condiviso cos?quarant'anni di matrimonio. La loro vita insieme era stata
splendida: sempre uniti, nonostante le difficolt? a volte di lavoro, a volte di salute. Anche i due figli di
Enrico e Giuliana, ormai sposi anch'essi, amavano riferirsi al matrimonio dei propri genitori come ad un
matrimonio ideale.
Ma allora le parole dell'inquilina dell'ultimo
piano, che avrebbe preferito la morte del proprio marito a quella del marito di Giuliana, sarebbero potute
sembrare perfino sensate. E condurre ad una triste "morale della favola": che nella vita non vale la
pena coinvolgersi, rischiare di amare, andare d'accordo, se poi la separazione inevitabile della morte diventa
pi?pesante da sopportare. ?proprio vero?
Non c'?in realt?una risposta a questa
domanda. O meglio: la risposta c'?soltanto quando abbiamo riconosciuto quale sia il senso stesso della nostra
vita, la ragione profonda per cui esistiamo. Se riconosciamo che, in fondo, il solo scopo per cui esistiamo ?
quello di donare noi stessi, facendo di ogni giorno della nostra vita un piccolo "capolavoro dell'amore"
donato, allora dobbiamo accettare che amare sia anche soffrire. Ma possiamo fare questo con la consapevolezza che
sono proprio questi "capolavori dell'amore" quotidiano a dare pienezza alla nostra esistenza, a dirci
che vale veramente la pena di vivere. Chi vivesse senza voler rischiare di amare, proprio per il timore di
soffrire, rischierebbe in realt?di non vivere.
La parole di una canzone di Fabrizio De Andr?
dicono cos? "Io mi dico ?stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati". A me sembrano
bellissime.
Don Stefano
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