COME SARA' LA
FINE DEL MONDO, FORSE.....
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MAGI 5
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Epifania 2008 |
Manifestazione di Gesù al mondo
Pochi sanno che in
molti eravamo partiti, spinti da una profezia e da un avventura; in tanti
però si sono fermati per strada, stanchi di quel camminare sul filo di una
parola e su un vago segno degli astri. Si sa, le cose lunghe stancano e poi
si insinua l’ipotesi che “forse ci siamo sbagliati!”.
Solo in tre siamo arrivati, con i dubbi che crescevano man mano che
perdevamo i compagni di viaggio! Abbiamo tenuti nonostante qualche momento
di sconforto perché, per molto tempo, non si vedeva nulla se non una piccola
traccia nel cielo, soprattutto di notte, quando calava il silenzio.
Nel viaggio siamo cambiati: il
passare del tempo, il sole, le lunghe notti, la lontananza e le incertezze
ci hanno resi uomini strani che faticano ad adattarsi alle abitudine degli
altri, che non trovano più il loro posto, che sembrano fuori dal mondo!
Ma finalmente giungemmo nella
casa, in quella casa! Entrammo senza dire nulla perché il nostro palato si
era seccato e la nostra lingua non riusciva a pronunciare parola. Ci
guardarono, ci accolsero, ci fecero accomodare. La giovane madre non ci
chiese da doveva venivamo, che cosa cercavamo e quel padre non domandò che
mestiere facevamo o perché eravamo arrivati lì. C’era un profumo di pulito
in quella casa e un calore quasi divino abitava quel ambiente, così che si
creò velocemente un clima di grande affetto tra tutti: era bello!
Avevamo immaginato un discorso
da fare, delle cose da chiedere, ma ora non usciva nessun suono dalla nostra
voce: eravamo come prosciugati ma eravamo lì finalmente! Furono loro a
parlare e lo fecero a lungo, raccontando quello che era capitato, mentre i
gesti, lo scambio di sguardi e le premure verso il loro bambino facevano il
resto. E come succede quando si è con persone care, perdemmo il senso del
tempo. Solo molto dopo riuscimmo a dire qualche cosa, scusandoci del nostro
mutismo ma comprendevamo che non era necessario parlare: era come se già
sapessero, come se avessero ascoltato la nostra voce nei loro sogni, quando
ancora eravamo lontani.
Un triste presagio ci riportò
alla realtà così che in fretta ripartimmo. Allora ci vennero in mente i
regali, quei doni che avevamo con noi per tutto il viaggio. Li consegnammo a
quel padre e a quella madre ma era come se, quei doni, fossero già stati
loro. Ci ringraziarono per quella visita e noi tenemmo care quelle voci che
avevano riempito il nostro mutismo, come si ha cura delle cose essenziali.
(Da “Farina del mio
sacco”)
Che ciascuno, anche se non ha molto da dire,
possa sentire in lontananza quelle voci.
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