Anno 2002
Numero 7 - Maggio 2002
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UNO ZOO NOSTRANO
Ritornai un gioved?mattina, circa dopo un mese,
dalla signora Pina, una simpatica donnina di 80 anni, che vive da sola da cinque anni ormai, da quando il caro ed
affezionato marito ?deceduto, dopo un lungo calvario di malattia. Una splendida coppia, affiatata e molto unita
sia nella buona come nella cattiva sorte; solenne promessa matrimoniale non sempre facile da mantenere.
Eppure posso testimoniare di averli visti sempre sereni e pronti ad accettare le varie prove della vita, frutto
evidentemente di un amore vero. Quella mattina notai subito sul viso della signora Pina un?espressione
particolarmente triste, quasi di un pianto trattenuto a stento; prima ancora di chiederle il motivo, il mio
sguardo cominci?a vagare e ricercare qualcuno di cui avvertivo istintivamente il vuoto. Ma come non avevo fatto
ad accorgermi della mancanza di "Puffi", un simpaticissimo gatto siamese da sempre in quella casa, come
un figlio amato e rispettato. Gi?quel micione dal morbido pelo lungo rossiccio, dagli occhioni verde bottiglia,
dal carattere docile e allegro, quella mattina non era l?a farmi ruffianamente le solite fusa e mai pi?l?avrei
rivisto, perch?era morto da qualche giorno, ucciso da un boccone avvelenato. Con molta dignit?la signora Pina
aveva trovato il coraggio di raccontarmi il fatto e nelle sue parole colsi l?impressione di una persona
rammaricata di aver perso quell?animale, simbolo ed oggetto di un affetto semplice e sincero da parte sua e del
suo rimpianto marito. Provai a consolarla, confidando che anche io mi ero affezionato a quel batuffolone di peli,
cos?interessato alla mia borsa da dottore e che ne avrei conservato un simpatico ricordo.
Quando invece, vado a casa della mia amica S. per
visitarne la madre paralizzata a letto per un ictus, devo misurarmi con la dirompente (meglio sarebbe rompente di
?) presenza di due cagnolini, di cui ignoro la razza, piccoli, magri, pelo cortissimo, orecchi aguzzi, muso
affusolato, voce stridente da spaccatimpani, schizofrenici nei movimenti, capaci di salti con triplo avvitamento,
ma soprattutto invadenti, da non lasciarti visitare la paziente. Sbucano da sotto le coperte, entrano ed escono
dalla mia borsa, giocherellano con le loro veloci zampette con i tubi dello sfigmomanometro, tentano di morsicarmi
le mani quando cerco di palpare l?addome della loro padrona. Sembrano due guardie del corpo, che per farmi
eseguire la visita devono essere allontanate, non senza fatica dalla mia amica S. la cui sorveglianza comunque
spesso viene elusa, ripresentandosi pi?agguerriti che mai.
E che dire di quella mia paziente che alleva
amorosamente due "americanelle" per dare le uova, tipo "mignon", al suo dottore; quando la
vado a visitare? Nel suo cortile scorrazzano liberamente queste due gallinelle, buffe nei loro atteggiamenti di
regine dell'aia, regine perch?la signora C. le riempie di ogni attenzione e per lei che vive da sola sono una
vera compagnia . Anzi pi?di una volta mi ha confidato, pregandomi di non considerarla pazza, che con loro pure
parla (forse in gallico!).
Infine come posso non raccontare del merlo indiano, razza parlante, posseduto da una coppia di miei assistiti. Lo
incontro di solito sul terrazzo d?ingresso, rinchiuso nella sua gabbia: per prima cosa mi saluta, incredibile ma
vero (vi lascio immaginare lo smarrimento della prima volta di fronte a quella voce, di cui non riuscivo ad
identificare la provenienza)! Poi comincia la moviola di parole che spaziano tra i pi?svariati argomenti e
situazioni in lingua madre italiana, oppure dialetto veneto o bustocco. A volte sono veri e propri aneddoti, altre
volte "colorite espressioni" in una sorta di cronaca vera, sempre comunque divertente.
Questo piccolo e strano zoo nostrano dimostra che bisogna portare rispetto agli animali: chiss?perch??pi?
facile voler bene alle bestie piuttosto che agli uomini? Che siano peggio degli animali?
Sandro
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