Anno 2003
Numero 5 - Marzo 2003
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GUGLIEMO E CATERINA
ovvero il parafulmini
"Il dottor Riccardi ?un signore!":
questa era un'affermazione ricorrente presso gli uffici della banca di via Matteotti. Il dottor Riccardi era il
vicedirettore dell'agenzia. Per essere un dirigente era perfino un po' troppo benvoluto dai suoi dipendenti, e
pure dal direttore.
Vestiva in modo sempre elegante, era garbato e
rispettoso nei modi e, particolare curioso e perfino un po' "femminile", teneva sempre un fiore fresco
(rigorosamente uno solo) in un calice affusolato di vetro sulla sua scrivania.
Questo suo modo di fare era molto apprezzato,
perch?l'agenzia di via Matteotti, pur non essendo grandissima, aveva vissuto in passato molte tensioni: c'erano
stati conflitti a causa di diversi licenziamenti, quando l'istituto di credito centrale da cui dipendeva si era
fuso con un altro e si era operata una riduzione drastica dell'organico; ma poi c'erano stati, e permanevano
tuttora, conflitti di tipo personale, fra i dipendenti e la dirigenza ma pure nei dipendenti fra di loro. Il
dottor Riccardi sembrava non arrabbiarsi mai, non perdere mai il controllo, e con il suo modo di fare riusciva a
comporre i conflitti e a smorzare le tensioni.
Il dottor Riccardi, o meglio Guglielmo, era
sposato da molti anni e tutti lo sapevano. Eppure, probabilmente, nessuno sapeva nemmeno che la moglie si
chiamasse Caterina, n?tanto meno che faccia avesse. Strano, in realt? perch?il dottor Riccardi non abitava
neppure troppo lontano dal lavoro. Nessuno l'aveva mai vista, nemmeno una volta, a passare dall'ufficio, cos?
come talvolta capitava alle mogli o ai mariti degli altri dipendenti.
Era di rito, a Natale, o a Pasqua, o prima delle
ferie, salutando il dottor Riccardi, aggiungere il consueto "e mi saluti anche la sua signora!". Il
dottor Riccardi sorrideva e annuiva: "Grazie. Di certo riferir?quot;.
Caterina era sposata con Guglielmo da quasi
quarant'anni. Agli occhi di lei, per?(e purtroppo) Guglielmo non era poi cos?"signore". Quando lui
tornava a casa dal lavoro appena la degnava di un saluto; spesso era insofferente con lei per le cose pi?
insignificanti, in particolare sul poco ordine che, a detta sua, c'era in casa. Ma poi ancora sulle spese
("troppe!"), sul cibo ("insipido!"), sui programmi televisivi che lei guardava
("disgustosi!").
Di portarle fiori freschi, poi, non se ne parlava
di certo. Eppure Guglielmo voleva un bene immenso a Caterina. Ma nel suo rapporto con lei c'era una sorta di
equivoco colossale: il troppo affetto che nutriva per lei consentiva a Guglielmo di usarla come se fosse stato il
suo parafulmini, per tutto ci?che accadeva sul lavoro e che lo "caricava": le tensioni che lui
placava, i conflitti che mediava, le arrabbiature che incamerava e che, sul lavoro, si ostinava a non voler far
vedere. In fondo scaricava tutto sulla moglie.
Il risultato era che, sul lavoro, in effetti la
cosa funzionava; contemporaneamente per? a forza di usare la moglie come se fosse stata un parafulmini,
rischiava di trattarla sempre e solo come tale. Con il rischio di perderla.
L'amore deve essere un'altra cosa. Fra due mesi il dottor Riccardi, cio?Guglielmo, andr?in pensione. Cosa
accadr?
don Stefano
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