Anno 2003
Numero 2 - Ottobre 2002
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DON... DOC...
QUESTIONE DI FEELING
"Oh ecco il mio Don Alessandro"
esclam?visibilmente radiosa la mia paziente nell?accogliermi sulla soglia di casa; altrettanto visibilmente
mostrai una espressione sbalordita ed attonita nel sentirmi aggiudicato l?appellativo di "Don",
pensando che, dato il periodo natalizio, aspettasse il prete per la tradizionale benedizione delle case. Invece mi
sbagliavo, quel titolo era rivolto proprio al sottoscritto, perch?durante tutta la visita la paziente continu?
su quel tono, correggendosi ben poche volte.
Quindi da Doc ero diventato per lei Don, un Don
un po? particolare: senza veste o abito omologato, coniugato con tre figli a carico, scarsa preparazione in
Sacra Scrittura ed affini (nonostante le ripetizioni serali della suora), poca assiduit?per la preghiera
personale, fedele alla Messa domenicale. Evidentemente non erano questi i requisiti per meritarsi quel titolo;
allora quali? Forse la semplice disponibilit?ad ascoltarla, non solo a proposito di problemi di salute, ma
riguardo la storia della sua vita, fatta di tante fatiche e sacrifici, di tanti ricordi e culminata nella
solitudine attuale come un pesante fardello, che sembrava alleggerirsi nell?incontro con me. Una specie di
liberazione, di monologo catartico a volte logorroico e ripetitivo. Sono queste le situazioni nelle quali devi
girare l?orologio, fermare il tempo, rimuovere l?impressione di perderlo, vivere intensamente quel "tempo
perso", perch?chi si confida sia sicuro di essere ascoltato e considerato una persona (scusate se ?poco!)
e chi ascolta abbia l?impressione di essere di aiuto. Il tempo cos?diviene spazio per creare e ravvivare
rapporti umani autentici.
Questo ?solo un esempio, spinto forse fino al
paradosso, ma ?pur vero che la gente ha bisogno di confidarsi, di sfogarsi, e una delle figure pi?gettonate un
tempo era il prete, persona degna di rispetto e stima, ma soprattutto confidente fedele e ricco di umanit? Mi
colpisce sentirmi dire, ancora adesso, dal paziente infermo nel suo letto, con un tono velato dall?emozione che
il "suo Don" a minuti verr?a visitarlo o che ?appena andato via, dopo una bella e lunga
chiacchierata, che ha risollevato il morale. Non ?questione solo di morale, di "tono dell?umore" per
dirla pi?tecnicamente, spesso i pazienti aspettano il prete per confessarsi, riconoscendolo come ministro del
sacramento della Riconciliazione, che vissuto in particolari situazioni di sofferenza acquista un significato
molto profondo ed irripetibile, soprattutto se coronato dall?accostarsi all?Eucaristia .E? divertente che in
tutta questa storia Doc e Don sembrano inseguirsi e non trovarsi mai; ma quando accade guardandosi negli occhi
viene da pensare: Don? Doc , questione di feeling!
Sandro
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