Marco E NICOLETTA
ovvero
"Io sono fatto cos?quot;
Nicoletta non credette ai suoi occhi quando
salendo sulla carrozza della metropolitana alla stazione di Porta Venezia si imbatt?in Teresa e Fulvio, che
erano due cari amici di famiglia. "Abbiamo trascorso una giornata favolosa domenica sul lago!" disse
Teresa, "Peccato davvero che tu non ci fossi".
Il figlio minore di Nicoletta e Marco proprio
quella domenica aveva avuto un'uscita importante con la squadra di pallacanestro. Cos?Nicoletta e Marco si erano
divisi: Nicoletta era andata alla partita del secondo figlio, mentre Marco, portandosi dietro il primo figlio, era
andato alla grigliata che, assieme ad altri amici, Teresa e Fulvio avevano organizzato nella loro casa di Menaggio,
sul lago di Como.
"Tuo marito ?veramente incredibile!"
esclam?Teresa sulla metropolitana, ripensando alla grigliata della domenica.
"S?davvero! E chi lo tiene?" aggiunse Fulvio. "Non abbiamo fatto altro che ridere per tutto il
pomeriggio", rilanciarono quasi all'unisono Teresa e Fulvio.
A Nicoletta venne da pensare che ci? in
effetti, era strano. Ricordava bene, alla sera di quella stessa domenica quando, rientrati tutti e quattro a casa
(lei e un figlio dalla partita; lui e l'altro figlio dalla grigliata), il marito Marco le era parso visibilmente
scocciato: "La macchina ha ripreso a far rumore l?sotto... sar?la marmitta... domani ancora a sbattere
via altri soldi dal meccanico!"; e poi: "ma quand'?che la aggiustano 'sta statale, che ogni volta ci
vuole un'ora per fare venti chilometri!"; e alla moglie che gli aveva chiesto com'era andato il pranzo:
"Lo sai... a me le costine di maiale non piacciono...".
A ben pensarci, per? non era la prima volta che
succedeva. Marco sapeva raccontare soltanto le cose che non andavano, come se fosse stato incapace di condividere,
soprattutto con sua moglie, le piccole gioie della vita. Nicoletta aveva provato, una volta, a farglielo notare:
"Perch?non riusciamo mai renderci partecipi delle cose belle?". Marco era stato onesto, ma fermo:
"Non ce l'ho con te. ?che non ci riesco... non mi viene proprio... ?il mio carattere. Sono fatto
cos?quot;.
Questa volta, per? dopo l'incontro sulla
metropolitana con Teresa e Fulvio, e dopo l'esaltazione che questi avevano fatto della simpatia di Marco, ecco che
Nicoletta decise di intervenire ancora una volta, ma con pi?decisione. Marco per?contrattacc? "Se
Teresa e Fulvio ti hanno detto cos? immagino gi?cosa avrai risposto tu... Non sopporto che tu vada a
raccontare in giro le cose della nostra famiglia, ad altre persone!".
"Non sono "altre persone""
obiett?Nicoletta "Si tratta di amici! Non parlo mica con gli sconosciuti!". E rilanci? "Se tu
non racconti mai niente di carino, io dovr?pure parlare con qualcuno! Cosa vuoi? Che mi deprima, solo perch?tu
sai raccontare soltanto le cose che non funzionano? Io sono fatta cos? ho bisogno di parlare, e non solo delle
cose brutte!".
In un caso come questo ?difficile capire chi ha
ragione. Su una cosa, per? certamente entrambi hanno torto: quando per riaffermare la propria posizione
esclamano "Io sono fatto cos?". Comodo appellarsi al proprio brutto carattere per non cambiare le cose
di una virgola!
?davvero cos?scontato che se abbiamo un
"brutto carattere" non possiamo fare proprio nulla per mettervi mano? Certo che se a vent'anni ?
difficile cambiare carattere (o almeno smussarne un pochino gli spigoli) figuriamoci a trenta, a quaranta... a
settanta! Certamente chi aspetta di cambiare carattere a cinquanta o a sessant'anni si accorger?che ad una certa
et?gi?si fa abbastanza fatica anche solo a non peggiorare il proprio carattere.
La perdita della flessibilit??la vera forma
di invecchiamento della persona. Essere flessibili, invece, significa accogliere ad ogni et?la sfida della
crescita e del cambiamento. A volte il corpo non ci aiuta e con il passare del tempo diventa meno flessibile,
anche se facciamo un po' di sport.
Possiamo fare molto, per? per aiutare almeno la
nostra mente a mantenersi flessibile, magari cominciando proprio con l'imporre a noi stessi di non dire pi?agli
altri "Sono fatto cos?".
Significa rimanere giovani, almeno nel cuore.
don Stefano
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