Anno 2002
Numero 4 - Gennaio 2002
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"Bei tempi" A PROPOSITO DELL'ORATORIO
Capita di sentire tanti discorsi a proposito
dell'Oratorio e della cura da avere per ragazzi e adolescenti. Normalmente esiste un forte richiamo ai "bei
tempi" in cui gli oratori erano pieni di ragazzi, funzionavano a pieno ritmo e con una enorme serie di
iniziative. Molti si rifanno al mitico "San Filippo" o ai fiorenti anni di "Madonna Regina".
L'oratorio era per tutti l'ambito di crescita, il
luogo dove incontrarsi, fare sport, imparare che la vita va spesa per gli altri, il luogo dove, perch?no...
fidanzarsi. Tutti abbiamo sotto gli occhi il radicale cambiamento di cultura e di abitudini avvenuto velocemente
in questi anni. L'arrivo del computer o di Internet, per non parlare dell'arrivo massiccio dei telefonini, ha
cambiato la vita dei ragazzi e della nostre famiglie. Anche un certo benessere economico ha avuto la sua parte nel
modificare i nostri comportamenti. Una diversa organizzazione scolastica poi, ha trasformato i giorni della
settimana, tra rientri e recuperi.
Davanti a tutto questo si tenta di riproporre qualcosa "che si faceva una volta", con dei risultati
differenti da allora. Con gli occhi di oggi sapremmo fare bene ci?che si faceva nel passato. Chi sta alle
superiori saprebbe fare bene le elementari o chi va all?universit?diventerebbe il primo della classe in una
scuola media. Per? nel proprio ambito reale di vita, tutti farebbero fatica allo stesso modo. E' sempre
difficile scontrarsi con il presente, rispetto ad una capacit?di vivere le cose di prima.
La fatica attuale di reperire educatori disposti
a "tirarsi su le maniche", la fatica di collegarsi con i ragazzi e con le loro famiglie; la fatica di
inventare cose nuove in una continuit?che duri nel tempo, tutti oggi lo proviamo.
Tutto questo strano ragionamento mi ?venuto di ritorno dal Carmelo di Legnano. Mi domandavo quali aspetti
pratici poteva avere l?interessante riflessione fatta da Madre Elisabetta, senza che lei avesse minimamente
accennato a questo tema. Ecco tre pensieri che potrebbero diventare oggetto di discussione magari sulle pagine del
Tassello.
In primo luogo bisogner?accettare questa
situazione di povert?e di "blocco" in cui siamo. Se questo fosse l?occasione per interrogarci su
quanto ci stia a cuore l'educazione cristiana dei piccoli? Potremmo fare a meno di un gioco o di una festa ma,
saremmo tranquilli se nessuno parlasse pi?di Ges?ai ragazzi e ai giovani? Fermarsi, accettando questa
situazione e riflettendo insieme, potrebbe farci superare un senso di angoscia e di impotenza che talvolta
sentiamo (anche un parroco o una suora possono cadere in una tale tentazione!).
In secondo luogo bisogner?credere ad una
azione di Dio anche in queste difficolt? ricordando l?impotenza vissuta dal giovane di Nazaret. Verrebbe quasi
la voglia di? credere ancora ai miracoli che Dio compie quando noi siamo disposti a lavorare per le sue cose,
nonostante i nostri poveri numeri. In fondo, proporre una vita vissuta nella fede non ?sbagliato; far conoscere
Ges?come presenza viva pu?essere interessante ancora oggi per molti. Chiss?che anche lo Spirito possa
suggerire qualcosa di particolare, allo stesso modo in cui, tanti anni fa, ha portato alcuni pionieri ad inventare
gli oratori cos?come noi li conosciamo!
In terzo luogo bisogner?scartare la
facile scelta di investire economicamente, volendo quasi mettersi alla pari con altre agenzie di divertimento.
Esiste la tentazione di pensare: "Comperiamo anche noi la playstation, acquistiamo un maxi schermo con
l'abbonamento a Stream per le partite e per i film, creiamo una salone attrezzato per le feste?". Una tale
proposta ha certamente una sua logica. Infatti, come negli anni passati si attiravano le persone con il gioco,
basterebbe investire sui divertimenti di oggi per avere lo stesso risultato. Purtroppo la matematica in questo
campo non funziona. Piuttosto viene da domandarsi: "Cosa rendeva bello un pomeriggio di domenica o un
oratorio feriale? Al di l?del gioco, non era forse la presenza di persone che stavano con noi e che volevamo un
po? imitare?". Forse tra corse e partite, tornei e gite, erano le relazioni a diventare importanti. E
allora come offrire delle occasioni di relazioni altrettanto belle e pulite ancora oggi, potendo contare sulle
poche persone che ci stanno e togliendosi dalla mente la mania dei numeri? Quando accenno ai numeri intendo quel
pessimo gusto di confrontare i numeri di presenze all'oratorio feriale tra le varie parrocchie o rispetto "ad
una volta". Avere 300 o 400 ragazzi iscritti diventa segno di? buon funzionamento di un loratorio, cosa per
lo meno discutibile.
Qualche spunto... limitato alla distanza che c??
tra Legnano e Busto, dopo un incontro spirituale, dove la monaca di clausura non ha toccato questo argomento.
Vuole essere questo un modo per affrontare ogni tanto il tema dell'oratorio. Lasciare il prete o la suora o
qualche educatore a "fare oratorio" comporta il rischio che costoro faranno? quello che possono.
Ripensare a quello che sta dietro una iniziativa o un cortile aperto ?un problema che potrebbe interessare
tutti. Ed eravamo andati solo a Legnano!
Dienne
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