Anno 2004
Numero 3 - Dicembre 2003
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FLAVIO E CECILIA
ovvero
gli oggetti transizionali
Tecnicamente si chiamano oggetti transizionali.
A sentirli chiamare cos? per? l'immaginazione va a finire chiss?dove: nel mondo della cibernetica o forse in
quello della fantascienza...
Niente di tutto questo. I pupazzi di peluche,
la famosa coperta di Linus, in generale i giocattoli talora sono detti oggetti transizionali. Si
ritiene che nelle primissime fasi dello sviluppo il bambino non abbia consapevolezza delle altre persone, intese
come soggetti separati e dotati ciascuno di una propria personalit? Si ritiene che, ad esempio, il bambino
piccolissimo consideri la propria mamma come una parte di se stesso. Ed ?importante che sia cos? Se
riconoscesse infatti che la mamma ?un'altra cosa rispetto a s? l'angoscia dell'abbandono potrebbe sovrastarlo e
minare il suo sviluppo successivo. I pupazzi, le bambole, ma anche molti oggetti usati come giocattoli, aiutano il
bambino a riconoscere che il mondo ?fatto di altre persone che non sono parte di lui e che non sono al solo
servizio di lui. Lo aiutano, attutendo per?l'impatto di una conoscenza che, se venisse tutta d'un colpo, sarebbe
dannosa. Per questo si dicono transizionali: perch? appunto, si occupano del passaggio (che ?un
passaggio faticoso) dalla consapevolezza che gli altri sono parte di me, alla consapevolezza del tutto contraria,
che gli altri sono tutt'altra cosa rispetto a me, e che non posso rivendicare nessun diritto rispetto a loro.
?dunque importante che il bambino possa disporre
di oggetti transizionali. E non importa di quale marca o di quale tipo. I bambini, di ogni parte del mondo,
e con qualunque cosa per mano, giocano. Questa ?la pi?importante esperienza transizionale. Che cosa
possiamo dire per?di quell'adulto che fa uso di oggetti transizionali? Qui le cose si complicano un po'.
Certo non avremmo dubbi nel rilevare almeno qualche "problemino" se ci accorgessimo che una mamma
rinuncia ad occuparsi del proprio figlio perch?ha ripreso a giocare con la Barbie. Allo stesso modo, se un
grande architetto decidesse di chiudere il proprio studio di progettazione per avere tutto il tempo da dedicare a
costruire casette con i Lego, ci verrebbe da pensare che gli sta accadendo qualcosa di strano. Giocare ?
importante. E lo ?anche per l'adulto, a patto che il gioco non diventi alternativo alla realt? Il guaio ?che
gli oggetti transizionali degli adulti a volte non sono cos?facili da vedere. Non sono evidenti come la Barbie
o i Lego.
Flavio e Cecilia sono una coppia di
cinquantacinque anni. Hanno avuto due figli, ormai sposati, e ora vivono da soli. Flavio, da un paio d'anni ha
"scoperto" il computer. E lo usa di continuo. Alla sera, tornato a casa dal lavoro, durante la
cena a volte sembra fremere dal desiderio di andare dal "suo" PC. Mangia sempre di corsa e a nulla
servono i rimproveri di Cecilia, che gli dice che "Ti andr?tutto di traverso!" (e non si capisce se lo
tema o realmente ci speri).
Cecilia, invece, e non si sa bene se per ripicca,
da un anno a questa parte, si ?messa a riempire la casa di soprammobili e accessori per la cucina. Taluni sono
obiettivamente utili, ma altri... lasciamo perdere... Certo ?pi?facile interagire con un computer che con una
moglie. In questo senso il computer ?un oggetto transizionale: si comporta esattamente come un sofisticato
pupazzo di peluche, al quale posso fare qualsiasi cosa; reagisce ai miei comandi; ma quando sono stufo...
spengo: "Magari potessi spegnere mia moglie allo stesso modo!".
Anche le cose belle, anche se inutili, mi danno il
potere di espandermi nello spazio, riempiendolo di oggetti che sono come lo specchio di me stessa. E se si tratta
di cose belle o di valore ?come se anch'io mi sentissi pi?bella o pi?di valore: "Meglio cos? piuttosto
che interagire con un marito che ormai da anni non mi fa pi?neppure un complimento, come se fossi invecchiata
solo io!". Giocare fa bene al bambino, perch?lo aiuta a diventare grande. A patto che, dicevamo, il gioco
non prenda il posto della realt? Altrimenti il bambino vivr?con l'illusione di trovarsi in un grande parco dei
divertimenti. E questa non ?la vita vera.
Chiss? forse Flavio e Cecilia faticavano a
parlarsi e hanno scelto di procurarsi, ciascuno a modo proprio, due diversi pupazzi di peluche, con cui
credono di poter interagire. Non si rendono conto, per? cos?facendo, di allontanarsi sempre di pi? l'uno
dall'altra. Non si accorgono che il loro non ?un gioco; ma la realt?trasformata in gioco. E questa ?
purtroppo, una tragica illusione, che a lungo andare porta solitudine e tristezza.
don Stefano
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