Anno 2004
Numero 3 - Dicembre 2003
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L'ULTIMO NATALE
Sono arrivato a met?mattinata ed il giro della
mia particolare corsia non ?ancora terminato. Devo recarmi dal Signor G., un simpatico ometto di 77 anni, vedovo,
che vive insieme alla figlia in una bella palazzina situata nella zona centrale della nostra citt? Mi avvio con
la mia vetturetta, che non ?abituata a solcare le vie del centro e soprattutto a cercare come un segugio un
posteggio dove riposare le proprie ruote in attesa che il sottoscritto ritorni, pronto a ripartire in quarta per la
periferia, pi?libero di scorazzare e soprattutto senza nessun problema di sosta.
La giornata non ?delle migliori come condizioni
atmosferiche, piuttosto buia, nebbiosa e fredda, tipico degli inizi di dicembre, tanto che la mia vettura spalanca
gli anabbaglianti, come due grossi occhi fuori dalle orbite, per non perdere la strada ed arrivare a destinazione.
Attraversando le vie del centro, mi viene spontaneo rallentare per dare una sbirciatina a questo angolo della
citt?a me poco consueto: quante cose sono cambiate, innanzi tutto la viabilit? per cui devo fare attenzione a
non infilare qualche senso vietato, poi il cosiddetto arredo urbano, dai lampioni al selciato in porfido, alle
vetrine dei negozi, alcune con le saracinesche abbassate ed il cartello "Vendesi", anche negozi storici
spariti quasi nel nulla, in contrasto con la presenza di banche, che prima non esistevano.
Gi?cos?mi sentivo preso da un certo stupore,
accresciuto dal fatto che stranamente, nonostante il grigiore della giornata, da quelle parti, in centro insomma,
tutto era pervaso da una particolare luminosit? luci nelle vetrine con le loro merci esposte, festoni luminosi ad
intermittenza al loro ingresso, una galleria di luci sospese lungo tutta la strada. D?improvviso anche la mia
mente si ?per cos?dire illuminata; ma come avevo fatto a dimenticarmi di essere nel periodo prossimo al Natale
e di conseguenza tutto si spiegava perfettamente.
Confortato da questa "scoperta" riesco
pure a trovare un buco dove far riposare i miei "cavalli verdi"; salgo a piedi le comode scale della
palazzina dove abita il mio paziente, un po? per sgranchirmi le gambe, ma soprattutto per guadagnare tempo e
ricomporre le idee. Comunicare, infatti, con i pazienti non ?una banalit? un fatto cos?scontato, almeno per
me, ?l?che cominci a giocarti come persona e se ?vero come ?vero, che la prima medicina ?il medico, il
rapporto vero e costruttivo con il paziente non pu?prescindere da una corretta comunicazione.
Se poi la comunicazione riguarda un paziente
affetto purtroppo da una patologia grave e a prognosi infausta, l?impegno si fa arduo e difficile, perch?pi?
che mai richiede una profonda conoscenza della persona per gestire tutta la sua complessa situazione e rispettare
dignitosamente la storia di quella particolare malattia, gravata dalla sua ineluttabile conclusione. Pi?volte
sinceramente mi sono trovato in seria difficolt? perch?i pazienti non sono pi?degli sprovveduti, perch?
ognuno a modo suo vive la malattia per quello che ? cos??stato fin dall?inizio con il Signor G., uomo
integro, limpido, curioso al punto giusto, vuol sapere senza assillarti, attento a non insistere quando coglie in
me un certo imbarazzo ad una sua richiesta .
Oggi poi, sar?l?atmosfera natalizia, mi
accoglie con un bel sorriso, spontaneo, sincero, viscerale, nonostante l?umore nero dei suoi visceri, uno in
particolare, il pancreas, che lo sta tormentando e minando nel fisico e nello spirito in maniera visibile giorno
dopo giorno con il suo tumore. Mi invita in soggiorno a vedere il suo presepe allestito semplicemente sopra un
pregiato tavolino; essenziale nella sua semplicit? eccezionale nella sua peculiarit?di provenire da Betlemme e
di essere intagliato con legno di ulivo, come mi illustra commosso il mio paziente. Ne capisco la commozione di
fronte a quella sacra rappresentazione, simbolo di una terra senza pace, la terra di Ges? simbolo l?ulivo della
pace cos?violata e negata dalla guerra. Il suo ed il mio pensiero corre a tutte le vittime della guerra, quella
guerra e tutte le altre, solo vittime di una tremenda ingiustizia: la guerra! Anche lui, sommessamente mi confida
con sorprendente dignit? di essere una futura vittima di "guerra", sferrata da quel mostro che
spadroneggia dentro di lui e che ormai ha gi?deciso il gioco delle sorti. Rimango infine stupito dalla serenit?
con cui mi comunica che sicuramente questo sar?il suo ultimo Natale, ma conoscendolo a fondo, ?uno stupore di
gioia il mio, perch?lui veramente crede che la morte non sia la fine di tutto, ma la nascita, ossia il Natale, di
una vita nuova nella pienezza della Pace e dell?Amore veri.
Doc Sandro
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