Anno 2004
Numero 2 - Ottobre 2003
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COME UN LIBRO APERTO
Esclamazioni del tipo: "E' due ore che
aspetto" oppure "Sono tre ore che sono arrivato" o ancora "Finalmente dopo tanto attendere
tocca a me" arrivano alle mie orecchie a volte come una vera sferzata di impazienza, suonano come un
esplicito rimprovero o un appunto larvato, ma non molto, alla lunghezza delle visite. Il buffo o sarebbe pi?
appropriato qualche altro epiteto, ?che proprio quel paziente che ti tocca sul vivo, sembra intenzionato a
fartela pagare prendendoti dell?altro tempo, facendo pesare anche agli altri, che aspettano, questa sua scelta.
Insomma ?proprio vero che chi ?senza peccato scagli la prima pietra!
Al di l?di questi episodi molto espliciti nella
loro franchezza, che scandiscono il passare del tempo, ci sono pazienti, che scelgono altri modi per fartelo
capire o forse per "ingannare", come si dice correntemente, "il tempo" dell?attesa. ?il
paziente o il collaboratore scientifico che prima di stringerti la mano, ripone il libro nella borsa o nell?altra
mano, s?il libro, perch?l?arma per "ammazzare l?attesa" ?un libro.
Non ho perso l?occasione, anche se i primi
tempi la cosa mi sorprendeva, di interessarmi del titolo, dell?autore, dell?argomento trattato; potrei dire
che in tutti questi anni ?come se avessi passato in rassegna una fornitissima biblioteca, che spazia nei pi?
svariati campi, dalla narrativa classica, al romanzo, ai racconti di avventura, di horror, al comico, al satirico?
Non solo, ma col passare del tempo attraverso il libro ?come se avessi avuto in mano di volta in volta il
biglietto da visita del suo proprietario: il libro ti presenta, mostra la tua vera identit? svela aspetti della
personalit?sconosciuti.
Spesso infatti, mi sono trovato a ricredermi sull?apparente
superficialit?di alcune persone, che avevo etichettato in questo modo, o viceversa a smantellare "castelli
di intellettualismo" che avevo costruito attorno a certe figure, le cui letture in realt?mostravano una
certa banalit? Anche a domicilio del paziente, al suo capezzale, a volte al suo letto di sofferenza, anzich?
trovare la solita televisione accesa sul solito teleromanzo strappa?, capita di trovare il paziente intento alla
lettura di un buon libro, o mentre lo si sta visitando notare sul comodino un libro col suo segnalibro inserito.
Pu?essere lo spunto per rompere il ghiaccio, per sdrammatizzare il momento, per conoscere un cammino che
faticosamente viene percorso in quella esperienza particolare che ?la malattia o la voglia di immergersi in una
atmosfera nuova ed interessante, che diventa "un momento catartico", come direbbe il poeta di Zelig
(Flavio Aurelio).
Lo posso affermare anch?io sinceramente, un
libro pu?essere un mezzo per trovare il silenzio che cercavi, la pace che desideravi, le risposte che
rincorrevi, il mezzo per "staccare la spina", come si usa dire oggi; quando poi la lettura ti prende, ti
affascina e hai conosciuto bene l?autore ti pervade uno strano ma piacevolissimo delirio, perch?ti risuona
nella mente, mentre stai leggendo, la voce dell?autore stesso che ti racconta la sua opera. Provare per credere:
per me ?un?esperienza irripetibile.
In conclusione se tutti fossimo come un libro aperto i rapporti tra le persone sarebbero pi?sinceri e sereni.
Doc Sandro
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