Anno 2004
Numero 2 - Ottobre 2003
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PECCATI CAPITALI:
LA SUPERBIA - VIZIO GELATO
Il primo vizio capitale riportato nel
tradizionale elenco ?la superbia. La definiamo quella considerazione talmente forte di s? che porta
al disprezzo degli altri. Il superbo, uomo pieno di se stesso, si esprime in maniera arrogante, strafottente,
nel tentativo continuo di deprezzare gli altri. Mostra sicurezza e sminuisce i meriti altrui. Teme i confronti che
possono smascherare i suoi limiti, ecco perch?tenta di eliminare l'altro considerato da lui un nemico! Pi?
spesso ama circondarsi di adulatori, persone che esaltano le sue capacit?e le sue possibilit? Ne sanno
qualcosa coloro che, nelle compagnie giovanili, vengono continuamente derisi o schiacciati propri perch?emerga
il pi?furbo, il pi?intelligente, il pi?capace o il pi?losco.
Insieme al termine superbia troviamo spesso
abbinata la parola orgoglio. Per un certo verso sono sinonimi, per un altro verso invece si muovono su
piani separati. La differenza infatti ?molto semplice: il disprezzo altrui. L'orgoglio in senso positivo ?la
corretta considerazione di s? senza volere danneggiare gli altri. Si parla in questo caso di "orgoglio
nazionale", di "orgoglio per la divisa", di "orgoglio per i propri risultati" o anche
"orgoglio per una vittoria raggiunta": tutte cose che esaltano l'individuo per quello che realizza o per
quello che ? In questo senso ben vengano gli orgogliosi della propria umanit? della proprio paese, delle
proprie doti!
La superbia, di contro, vive umiliando gli altri.
Per questo motivo non sopportiamo le persone superbe: non ci permettono di esprimerci e... anche di esistere! Se
contestiamo la superbia presente negli altri, ricordiamo che ?facile alimentare la nostra superbia, abbassando
gli altri, considerandoli male. Qualcosa trapela nelle parole o negli atteggiamenti ma, il pi?delle volte, si
danneggiano gli altri in modo subdolo con il pensiero, con lo sguardo, con una semplice battuta.
La superbia viene descritta nell'antico libro
della Genesi dove si racconta il peccato che sta all'origine di tutto: la pretesa di essere come Dio! Rifiutiamo
una dipendenza da Dio, dal creatore e subito scatta una eccessiva considerazione di s?tanto da rovinare ogni
relazione. Oggi troviamo poco orgoglio e tanta superbia, poca dignit?e molta apparenza dove "per apparire,
si ?disposti perfino a svendersi o a servire".
L'umilt?invece ?l'antitesi, ?la virt?
contraria. Non l'umilt?"pelosa" ma la giusta considerazione di se stessi, che porta ad una relazione
bella con tutti, riconoscendo all'esterno la presenza di una ricchezza e non degli ostacoli da abbattere. Possiamo
definire l'umilt? secondo le parole di Salvatore Natoli: "Il freno agli impulsi che spingono l'uomo a
perseguire cose che non sono alla sua portata". E' la tipica virt?di chi ama. Solo chi ama infatti pu?
dire agli altri o a Dio: "Tu sei tutto per me". In questo caso ci presentiamo a mani vuote sapendo che
l'amore dell'altro mi pu?riempire, che ho bisogno del suo amore.
La superbia, come il suo contrario l'umilt?
descrivono quindi una relazione che pu?essere negativa o capace di elevare la persona, la mia e quella
dell'altro. Troviamo una certa vicinanza con la invidia, un vizio che vedremo in seguito. Impariamo a guardarla in
noi e a riconoscerla attorno a noi. Impariamo a combatterla con le armi dell'umilt?e a possedere quel briciolo
di umorismo davanti alla superbia degli altri.
Dienne
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