E adesso siediti su quella seggiola,
stavolta ascoltami senza interrompere,
è tanto tempo che volevo dirtelo.
Vivere insieme a te è stato inutile,
tutto senza allegria, senza una lacrima,
niente da aggiungere ne da dividere,
nella tua trappola ci son caduto anch'io,
avanti il prossimo, gli lascio il posto mio.
Povero diavolo, che pena mi fa,
e quando a letto lui ti chiederà di più
tu glielo concederai perché tu fai così,
come sai fingere se ti fa comodo.
E adesso so chi sei e non ci soffro più,
e se verrai di là te lo dimostrerò,
e questa volta tu te lo ricorderai.
E adesso spogliati come sai fare tu,
ma non illuderti, io non ci casco più,
tu mi rimpiangerai, bella senz'anima.
Bisogna
ascoltarla per capire cosa c’entra con l’ira. E’ una canzone scritta e
cantata da Riccardo Cocciante nel 1974 ed è, se vogliamo, la prima del
filone “arrabbiato” del cantautore nato a Saigon, nel Vietnam. Poi seguirà
“Quando finisce un amore” per terminare con “l’Alba” due anni dopo. Per
tutti coloro che non conoscono queste vecchie canzoni invito a ricercarle su
youtube in internet ed ascoltarle con attenzione perché raccontano parecchie
cose. La prima sensazione che ho avuto ascoltando “Bella senz’anima” è stata
quella di un forte sentimento di rabbia trasmessa abilmente da Cocciante che
mi ha dapprima angosciato, poi intristito e poi mi ha reso curioso. Perché
tutta questa “incazzatura”?
E’ normale che qualche amore debba finire, è
normale che una coppia possa litigare per amore, è anche normale non essere
“propriamente felici” se la persona che si ama sbatte la porta e se ne va.
Ma in questa canzone Cocciante va oltre: trasmette a chi l’ascolta,
attraverso la sua abilissima interpretazione, una reazione di rabbia, oserei
dire d’ira, che per molti sarebbe difficile da controllare senza
conseguenze.
Il testo è solo un pretesto, sebbene sia piuttosto pesante e
“vissuto” perché racconta una storia di tutti i giorni che purtroppo può
succedere.
Si rimane un po’ così. Si vorrebbe spaccare il mondo, tutto
attorno non c’importa più nulla, si pensa solo perché è finito qualcosa: e
l’ira prende il sopravvento, l’odio e la rabbia sono i sentimenti dominanti
di questi momenti.
Non è però solamente l’amore finito il motivo principale
per un attacco d’ira: può venire per aver perso un lavoro, per una notizia
brutta, per la perdita di un caro amico magari a quarantasette anni, già
vedovo e che lascia un ragazzo di quattordici anni, com’è successo a me in
questi giorni.
Sì, verrebbe anche a me una giusta voglia di una
buon’ira, magari prendendosela con il Padre Eterno per queste “ingiustizie”
ma poi mi viene in soccorso la fede e la speranza di una bella vita eterna
anche se per chi rimane non sarà per niente tutto così azzurro.
L’ira mi
sembra uno stato d’animo “passeggero” nel senso che passata la tempesta,
passato il momento, passata la ferita (che può essere anche lunga), ritorna
tutto “normale” e, come si dice spesso banalmente, la vita va avanti.
L’ira
può fare paura perché imbattersi in una persona arrabbiata può essere molto
pericoloso, ma ritengo che tra i vizi capitali non sia la più devastante: al
giorno d’oggi mi fa più paura l’accidia, quello stato d’animo del non far
niente che mi fa veramente star male.
Essere poi arrabbiati oggi è un fatto
normale, ci si arrabbia per un niente senza tener conto che spesso siamo
anche noi stessi il motivo (con le nostre azioni) per la rabbia (o peggio,
l’ira) degli altri. Pensiamoci un poco e magari “rilassiamoci” ascoltando
qualche bella musica non certamente quella che ho proposto: avrebbe
l’effetto contrario!
Giovanni
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