CHRISTIAN BOBIN
Questi testi fanno “da assaggio” perchè ciascuno scopra Bobin acquistando i suoi libri!
Alcuni pensieri
Lo scrittore
Un elogio
Chi cammina
Il personaggio
L'intervista
I NOSTRI AMICI
Carlo Acutis
Etty Hillesum
Christian Bobin
Annalena Tonelli
Teresa di Lisieux
Eric-Emmanuel Shmitt
|
CHRISTIAN BOBIN
IL MESTIERE DELLO
SCRITTORE
(1/4)
Io sono uno scrittore. Ci ho messo quarantatré anni
per pensare e pronunciare questa frase: io sono uno scrittore. Perché
ho fatto tanta fatica a pensare e poi a dire ad alta voce una frase
così semplice: io sono uno scrittore? Perché, ancora oggi, essa mi fa
sorridere, come si sorride a dire apertamente una cosa alla quale, in
fondo, non si crede? Esistono diverse ragioni di questo sorriso. La
prima ragione vado a cercarla molto indietro, nella camera interdetta
dell'infanzia. I bambini sono le sole persone grandi che io conosca. I
bambini sono gente di viaggio, anime di grandi spostamenti. Quando
vengono a questo mondo, non hanno né vestiti, né parole, né denaro,
non posseggono nessun altro bene che il bisogno, la fame, le lacrime e
il sorriso. Le persone che li accolgono, che danno loro asilo per venti,
trent'anni, per tutta la vita, le persone che dicono al bambino: entra,
fa come se fossi a casa tua, posa il tuo sorriso in un angolo, ci terrà
compagnia, già ci rischiara un po', queste persone, albergatrici
dell'infanzia, noi li chiamiamo genitori. I bambini rimangono dove la
porta si apre. Giocano fuori nel cortile, rientrano alla sera, abitano
là per anni e per anni, con la loro anima inafferrabile, è come se
fossero sempre di passaggio. I bambini sono degli stranieri che vivono
presso i genitori. Quand'ero bambino, non ho mai voluto essere qualcuno.
Pilota, pompiere, lo si vuol essere a sette, otto anni. Ma io sto
parlando di un'epoca ancestrale. Parlo dei primi due o tre anni. Il
bambino di due o tre anni non vuol fare alcun mestiere. Non sa che
cos'è un mestiere. Fondamentalmente, essenzialmente, egli non vuol
essere niente, e cioè vuol essere tutto. Vuole stare in cucina,
imbrattare di cibo la tovaglia di plastica e, allo stesso tempo, con la
stessa intensità, vuole essere nella mosca che danza contro la
finestra, nel cielo che scorre di fuori, e nel bosco incantato delle
fate, nel bosco di cui i lupi non trovano mai l'ingresso, il bosco
dell'amore dal qu ale il mondo è cacciato, bandito.
|