"Io non so dirlo. Sta al lettore rispondere a questa
domanda".
La sua prosa spesso è poesia o raccolta di aforismi. E
i suoi libri sono un canto all'esistenza, non quella roboante e chiassosa,
ma quella piccola, lieve e leggera. Qualcuno ha definito la sua scrittura
"mistica del quotidiano". È così?
"Sì. Credo che c'è la vita intera in un solo (in ogni singolo)
dei nostri giorni. Lo stra-ordinario non è mai straordinario. È
l'ultra-ordinario la cosa più misteriosa. Dio si nasconde nel piccolo
pugno serrato dei neonati, nell'acqua che si beve e nei sorrisi scambiati
da due passanti".
La vita è il cuore pulsante dei suoi libri. Ma nei suoi
testi la presenza della morte è forte. Qual è il legame fra nascere e
morire?
"La bellezza della vita è nel suo essere fragile, timida,
passeggera, mortale. Se si toglie la morte, allora si è perduti nel nero:
la morte è il sole della vita. Dio sta appena dietro questo sole".
Che cosa, più d'ogni altro, le ha fatto comprendere la
vita?
"Ogni volta che ho perduto qualcosa, ho guadagnato un pochino più
di intelligenza di questa vita".
Lei è un uomo meravigliato, incantato della vita, del
mondo, della natura, degli uomini… ma c'è anche il male. Cos'è?
"Il male è voler essere re di se stessi, sottomettere tutto alla
propria volontà".
Il punto prospettico da cui lei, Bobin, guarda le cose,
gli uomini, la vita è il "basso" e non l'"alto"
("Le Très-Bas"): quello dei bambini. I suoi testi sono un'ode al
piccolo, al nulla, al vuoto, al niente ("Éloge du rien") e lei
scrive come se avesse all'orizzonte la "petit vie" di Thérèse
de Lisieux o l'"abbandono" di Charles de Foucauld. Perché? E chi
è il bambino?
"Quando un bambino piccolo mangia un gelato o un cioccolatino, si
sporca alla svelta le dita, le guance, il viso. Il suo viso è allora tutto
illuminato. È così che io vedo il viso dei piccolissimi: essi sono tutti
imbrattati di Dio, tutti inzaccherati dalla meraviglia infaticabile della
vita. L'infanzia spirituale è questo modo di essere maldestri e questo
stupore".
A Gesù ha dedicato il bellissimo "L'homme qui
marche" ("L'uomo che cammina"). C'è chi continua a dire che
il cristianesimo in Europa è agli sgoccioli. È così? L'uomo è davvero
stanco di Dio?
"Credo piuttosto che l'uomo ne ha abbastanza dell'uomo: non ci
sopportiamo più. Non sappiamo più fare altro che gridare e cercare la
vita più brutale. La Chiesa ha avuto nei secoli troppo potere: ciò le
rendeva quasi impossibile parlare in modo giusto di un Dio che è debole,
che non guadagna mai nulla nel mondo. È una buona cosa che la Chiesa abbia
meno forza: quando si guarderà ad essa, si vedrà meglio il viso
stupefacente del Cristo, colui che eternamente è percosso a morte e sempre
si preoccupa di noi".