CHRISTIAN BOBIN
Questi testi fanno “da assaggio” perchè ciascuno scopra Bobin acquistando i suoi libri!
Alcuni pensieri
Lo scrittore
Un elogio
Chi cammina
Il personaggio
L'intervista
I NOSTRI AMICI
Carlo Acutis
Etty Hillesum
Christian Bobin
Annalena Tonelli
Teresa di Lisieux
Eric-Emmanuel Shmitt
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CHRISTIAN BOBIN
L'UOMO CHE CAMMINA
(2/4)
È ebreo da parte di madre, ebreo da parte di padre,
eternamente ebreo per quel suo modo di andare ovunque senza trovare da
nessuna parte un rifugio, meravigliosamente ebreo per quel suo amore
infantile per gli indovinelli - come l'uccello che con il canto pone
interrogativi e per tutta risposta riceve una pietra e canta ancora,
anche morto canta, ancora, ancora, ancora, anche molto tempo dopo che la
pietra che l'ha ucciso è tornata friabile, polvere, meno che polvere,
silenzio, meno che silenzio, nulla, e sempre permane questa vibrazione
del canto puro nel nulla manifesto del mondo.
La morte è economa, la vita è prodiga. Lui parla solo della vita, con
parole a lei proprie: coglie dei pezzi di terra, raduna nella sua parola
e il cielo appare un cielo con alberi che volano, agnelli che danzano e
pesci che ardono, un cielo impraticabile, popolato di prostitute di
folli e di festaioli, di bambini che scoppiano in risate e di donne che
non tornano più a casa: tutto un mondo dimenticato dal mondo e
festeggiato là subito, adesso, sulla terra come in cielo.
È pesantezza delle società mercantili - e tutte le società sono
mercantili, tutte hanno qualcosa da vendere - concepire la gente come
cose, distinguere le cose in base alla loro rarità, e gli uomini in
base alla loro potenza. Lui, ha quel cuore di bambino che nulla sa di
distinzioni. Il virtuoso e la canaglia, il mendicante e il principe: a
tutti si rivolge con la stessa voce solare, come se non ci fosse né
virtuoso, né canaglia, né mendicante, né principe, ma solo, ogni
volta, due esseri viventi faccia a faccia, e in mezzo ai due la parola,
che va, che viene.
Ciò che dice è illuminato da verbi poveri: prendete, ascoltate,
venite, partite, ricevete, andate. Ignote quelle parole mezze velate,
mezze consegnate, la cui oscurità permette ai potenti di consolidare la
loro potenza.
Non parla per attirare su di sé un briciolo d'amore. Quello che vuole,
non per sé lo vuole. Quello che vuole è che noi ci sopportiamo nel
vivere insieme. Non dice: amatemi. Dice: amatevi. Un abisso tra queste
due parole. Lui è da un lato dell'abisso e noi restiamo dall'altro. È
forse l'unico uomo che abbia mai davvero parlato, spezzato i legami
della parola e della seduzione, dell'amore e del lamento.
È un uomo che va dalla lode alla disaffezione e dalla disaffezione alla
morte, sempre andando, camminando sempre.
Non fa dell'indifferenza una virtù. Un giorno grida, un altro giorno
piange. Percorre l'intero registro dell'umano, l'ampia gamma emotiva,
così radicalmente uomo da raggiungere dio attraverso le radici. È
tenero e duro. Spezza, brucia e riconforta. La bontà è in lui come una
materia chimicamente pura, un diamante.
Il suo spirito è leggermente assente, e questa inezia d'assenza è la
sostanza del suo essere attento a tutto. Preso in un caos di desideri e
di richieste, stretto da una folla che si contende i suoi favori come i
passeri si tuffano a nugolo su un unico pezzetto di pane, distingue
nettamente il fruscio di una sola mano su un lembo del suo mantello, si
volta immediatamente e chiede chi l'ha toccato, chi gli ha sottratto una
parte della sua forza. La ladra - sì, naturalmente è una donna,
perché le donne hanno saputo subito conoscere in lui la più grande
intelligenza vivente, l'intelligenza del dono; perché le donne non si
ingannano sulla luce che emana da lui: è la stessa che esce da loro per
inondare la carne dei loro figli - la ladra per amore è quella che
indubbiamente l'ha inteso meglio: prendete quello che vi do, ve lo do
senza condizioni e, siccome ve lo dono assolutamente, ce n'è
assolutamente per tutti - ciò che si condivide si moltiplica.
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