CHRISTIAN BOBIN
Questi testi fanno “da assaggio” perchè ciascuno scopra Bobin acquistando i suoi libri!
Alcuni pensieri
Lo scrittore
Un elogio
Chi cammina
Il personaggio
L'intervista
I NOSTRI AMICI
Carlo Acutis
Etty Hillesum
Christian Bobin
Annalena Tonelli
Teresa di Lisieux
Eric-Emmanuel Shmitt
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CHRISTIAN BOBIN
L'UOMO CHE CAMMINA
(3/4)
Dice di essere la verità. È la parola più umile
che esista. L'orgoglio sarebbe di dire: la verità, ce l'ho. La
possiedo, l'ho messa nello scrigno di una formula. La verità non è
un'idea ma una presenza. Nulla è presente fuorché l'amore. La verità:
egli lo è per il suo respiro, per la sua voce, per il suo modo
amorevole di contraddire le leggi di gravità, senza farci caso.
Il fatto che milioni di uomini si siano nutriti del suo nome, che
abbiano dipinto con oro il suo volto e fatto risuonare la sua parola
sotto cupole di marmo, tutto questo non prova alcunché riguardo alla
verità di quest'uomo. Non si può prestare credito alla sua parola
sulla base della potenza che ne è storicamente scaturita: la sua parola
è vera solo in quanto disarmata. La sua potenza è di essere privo di
potenza, nudo, debole, povero: messo a nudo dal suo amore, reso debole
dal suo amore, fatto povero dal suo amore. Questa è la figura del più
grande re d'umanità, dell'unico sovrano che abbia chiamato i propri
sudditi a uno a uno, con la voce sommessa della nutrice. Il mondo non
poteva sentirlo. Il mondo sente solo quando c'è un po' di rumore o di
potenza. L'amore è un re privo di potenza, dio è un uomo che cammina
ben oltre il tramonto del giorno. Qualcosa prima della sua venuta lo
intuisce. Qualcosa dopo la sua venuta si ricorda di lui. Questo qualcosa
è la bellezza sulla terra. La bellezza del vivere è composta
dall'invisibile fremito degli atomi spostati dal suo corpo in cammino.
Proviene da una famiglia in cui si lavora il legno. Lui lavora i cuori,
diversi e più duri del legno.
Alcuni si associano al suo lavoro. Con fatica li forma ai principi di
una nuova economia: non si fa nulla in serie si va dall'unico all'unico.
Non si vende, si regala. Parla spesso di suo padre. Un adulto che parli
di suo padre è un uomo che riscalda un'ombra. Con lui è diverso. Da
come ne parla, si direbbe che suo padre non appartiene al passato ma al
futuro.
Suo padre ha un vocione. Una voce che impaurisce bestie e uomini. Il
padre ha una reputazione da temporale, il figlio viene a calmarlo, ad
addomesticarlo.
Dice: vedete, mio padre è come un uomo che aveva due figli, uno
tranquillo e uno matto che ha voluto subito la sua parte di eredità e
se l'è spesa in vini, donne e divertimenti di ogni tipo. Poi ha avuto
fame, il matto, non aveva più una lira in tasca ed è tornato a casa
rosso di vergogna. Si è nascosto in un angolo e si è messo a mangiare
con le bestie. Il padre, quando l'ha scoperto, l'ha abbracciato, l'ha
portato alla luce del sole e ha deciso di fare una grande festa, per
tutti. L'altro figlio ha cominciato a recriminare: questo sistema non
gli piaceva, tutte quelle spese in una volta e per chi poi? Per un
ingrato, un fannullone; a cosa serve essere avveduto, economo e fedele,
a cosa serve allora? Il padre beveva, cantava, rideva. Quei rimproveri
non li ha neanche sentiti. Era un tipo d'uomo particolare: sentiva solo
la gioia; per il resto, era sordo.
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