Anno 2003
Numero 4 - Gennaio 2003
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QUALCHE GIORNO A SARAJEVO
27 dicembre 2002: partiamo ancora una volta per
Sarajevo. Perch?continuare a tornarci? Forse perch?parte del nostro cuore ?l? fra le case distrutte, fra le
persone martoriate, fra i bambini rimasti soli? forse perch?abbiamo ancora tanto da imparare. Cos?dopo
tredici ore di viaggio, ci appare Sarajevo, la citt?martire ci aspetta con le sue ferite, le sue lacrime e con la
forza del sopravvivere. E' chiaro, pu?essere anche la cinquantesima volta che andiamo ma ci si pu?solo sentire
impotenti di fronte all'enorme vile ingiustizia che si ?consumata poco oltre la pozzanghera adriatica.
Andiamo per le case delle persone che conosciamo:
anziani, ammalati, abbandonati da tutti e da tutto. E' una prova molto difficile, spesso e volentieri le emozioni
del cuore non si riescono a controllare. Nei tre giorni di visita siamo accompagnati da Tinka e Jana che ci fanno
da interpreti. Saliamo le scale, incontriamo il silenzio e il buio degli androni. Bussiamo alle porte che ci
vengono aperte, lo stupore di volti che si aprono in sorrisi felici e accoglienti per l'inaspettata visita. Sono
persone anziane e ammalate che vivono le loro giornate sul divano davanti al loro tavolino con medicine e quello
che resta dei loro pasti. Che dire di loro, delle loro abitazioni, delle loro malattie, delle loro storie? Non lo
so, so solo che a questi - ultimi - tante persone della nostra parrocchia e non, hanno donato e donano un sorriso,
una speranza e un futuro non da disperati, ma di chi si sente amato. Sono etnie e religioni diverse, ma le
differenze non hanno alcuna importanza. Ora la loro condizione di sofferenza li rende uguali. I loro nomi sono:
Zorica, Muharen, Timka, Z?bra, Ivan, Zora, Rada. Dula, Indira, Hana, Idriz, Merejema e tanti altri. Sono storie
tutte uguali fatte di povert?e abbandono. Non godono di uno stato sociale che li possa aiutare; non ci sono
risorse, non c'?lavoro; per loro ?incredibile pensare che ci sia qualcuno che, pur vivendo in un paese agiato
come l'Italia, abbia la volont?di andare a trovarli, nonostante la miserie del paese in cui vivono. Ora, credo
sia giunto il momento di concludere; altre persone possono vedere, toccare con mano, sentire, testimoniare, portare
aiuti: loro hanno ancora bisogno di noi.
Massimo O.
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