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ITINERARI |
SANTUARIO MADONNA DEI CAMPI http://www.madonnadeicampi.org/index.htm
Quella bambina lo stava osservando da un po’, se ne era accorto. Aveva cominciato a girargli attorno appena si era seduto al tavolo dell’osteria, per riposare un attimo e bersi un bicchiere di vino. Ora era ferma sull’ingresso, mezza nascosta dallo stipite, vergognosa eppure ostinata, come solo i fanciulli sanno essere. «Vuoi qualcosa?», le disse più bruscamente di quello che avrebbe voluto. Ma la piccola non si spaventò. «Tu sei il cantastorie?», gli domandò a sua volta. Bartolo rimase sorpreso. Recitava e declamava in pubblico da tanti anni, ma non gli capitava spesso di essere riconosciuto A Stezzano, a pochi chilometri da Bergamo, in quei primi giorni di maggio era solo di passaggio. Lo aspettavano verso Caravaggio, per una delle tante celebrazioni mariane. Qui era stato quasi un anno prima, d’estate, quando la festa per la Madonna dei Campi attirava una grande folla di pellegrini e bancarelle di vari colori e profumi. Quella bambina, era evidente, doveva averlo visto all’opera in quell’occasione.
«Sì,
sono io», le rispose Bartolo dopo aver bevuto il suo vino. «Allora mi racconti
la storia della Mamma Bella?». Il cantastorie pensò a quale scusa poteva usare
per dirle di no, al fatto che era già in ritardo nel suo cammino, che ormai si
era quasi al tramonto, ma quei grandi occhi neri continuavano a fissarlo, e a
confonderlo. Si alzò, gettò una moneta sul tavolo e uscì sulla piazza. Il
santuario della Madonna dei Campi faceva fede al suo nome, sorgendo isolato tra
rogge e terreni coltivati. Bartolo ne imboccò la strada sterrata senza dir
nulla, le mani in tasca, il cappello calato fino alle palpebre. «Bada però che
non canto», disse severo alla bambina che gli caracollava dietro, senza
voltarsi. «Non posso sforzare la voce e domani ho un giornata impegnativa». «Va
bene», acconsentì la piccola. «Basta che mi racconti di quando i pastorelli
videro qui la mamma di Gesù, e poi quando tutti si misero a costruire la chiesa,
e poi…». «Piano, piano…», la fermò il cantastorie. «Ma queste cose non potevano
dirtele i tuoi genitori, o i tuoi nonni?». La bambina non rispose e Bartolo si
sentì uno sciocco. | ||||||||||||||||||||||||||||||||||
Bartolo cominciò a raccontare.
All’inizio con fare spiccio, ancora un po’ contrariato per la candida insistenza
di quella creatura. Poi con crescente passione, man mano che la storia gli
affiorava alla mente nei dettagli, e con essa i suoi personali ricordi. La
bimbetta annuiva, seria e contenta. Narrò di come quaggiù, in questa generosa
campagna bergamasca, un’edicola con l’immagine di Maria c’era sempre stata. La
gente vi passava davanti e vi volgeva uno sguardo fiducioso. Alcuni venivano
apposta dal paese a pregarvi dinnanzi. Come quella donna che aveva tanta fede, e
tanto bisogno. Invocò la Madonna, ed essa le apparve, in un manto di luce, tra
le braccia il Divin fanciullo. «Accadde tanto tempo fa…», disse Bartolo con
un’ombra di tenerezza.
«Vieni,
entriamo», disse Bartolo prendendo per mano la bimba. Sulle loro teste un
agitarsi di braccia e di ali, di angeli e di santi. Una massa di stucchi e di
gessi intervallati da macchie di colore, come tante voci del cielo, che un po’
inquietavano, un po’ consolavano. La piccola guardava ogni cosa, senza perdersi
nulla. E chiedeva di questo e di quell’altro, e voleva sapere chi era quell’uomo
barbuto, perché quell’altro aveva il turbante, e chi fosse quella donna con una
ruota sotto il braccio… Di tutto pareva estasiata, e il cantastorie ora faticava
a stare dietro al suo sgambettare veloce e alle sue domande curiose. |
Redazione Web: don Sergio, Achille, Dario
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